Mentre preparavo il calendario liturgico della settimana, l’occhio è caduto su una data, l’8 maggio: quel giorno si celebra la memoria di liturgica dei martini dell’Algeria e tra questi i 7 monaci trappisti di Tibhirine. Beppe Cavagnino li ha raffigurati, prendendo spunto da una loro ultima fotografia di gruppo, nell’icona accompagnata dalla beatitudine:
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia
Ho quindi pensato fosse importante riprendere la loro testimonianza e motivare nuovamente la scelta di dar loro visibilità nella nostra chiesa.
Nonostante le difficoltà, i monaci del monastero nel deserto algerino, anche in periodo di persecuzione, restarono in condizioni di povertà, solidali con la sparuta Chiesa algerina. L’elezione di fr. Christian de Chergé a priore della comunità nel 1984 segnò una svolta e impresse una direzione più decisamente rivolta al dialogo e alla comprensione del patrimonio religioso dei vicini musulmani. Lo stile era quello che lui definiva di “oranti in mezzo ad altri oranti”.
Quella che praticavano questi monaci era una accoglienza amichevole e fraterna, nella fiducia di essere accolti anch’essi dai propri vicini. Con un profondo amore per la terra dove il Signore li aveva inviati, l'Algeria. Con un'attenzione e una delicatezza evangelica verso quel popolo, specialmente nei confronti dei più umili, così come dei giovani.
Nel 1988 l'Algeria si consegnò a un islam rigorista che dichiarava guerra all’Occidente corrotto, fino a piombare nella guerra civile.
Nella notte fra il 26 e il 27 marzo 1996 i sette fratelli di Tibhirine furono sequestrati. I rapitori, i cui mandanti sono tuttora ignoti, cercavano sette monaci. In realtà, in quella notte, i monaci presenti erano nove: Bruno, arrivato da Fès per l’elezione del priore e Paul, giunto la sera prima dalla Savoia dopo una visita alla famiglia. Entrambi furono prelevati. Scamparono alla cattura fr. Amédée e fr. Jean-Pierre, che la Provvidenza di Dio riservava per dare continuità e testimonianza all’amore dei loro fratelli.
Due mesi dopo un comunicato ne annunciava l’assassinio. I monaci pagavano con la vita il tentativo di praticare il dialogo in una terra ferita dal terrorismo fondamentalista. Nessuno di loro desiderava il martirio. Essi amavano la vita e temevano la morte. Ma avevano coscientemente ed esplicitamente accettato la morte, se questa fosse stata la volontà di Dio.
La morte brutale – di uno di noi o di tutti insieme – non sarebbe che la conseguenza di aver scelto di vivere nella sequela di Cristo. Signore, donaci la grazia di morire senza odio nel cuore.
In tempi in cui, come i nostri, il dialogo fatica ad essere la strada maestra per incontrarsi e il mondo conosce importanti situazioni di conflitto e di diffidenza, per noi cristiani, immersi anche in situazioni più quotidiane, la testimonianza dei martiri emerge come invito ad una presenza fedele, ricca di amore e di misericordia, vissuta nel nome di Cristo e capace di rivelarsi come riconciliazione.
Per approfondire consiglio la visione del film Uomini di Dio, di Xavier Beauvois e la lettura del Testamento di fr. Christian de Chergé.
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